L’IMPRESSIONE – Gazzetta di Foligno n. 37 del 30.10.2016
FEDE RIDOTTA
Papa Francesco, nel suo recente viaggio a Tbilisi, in Georgia, durante un incontro con i religiosi di fede ortodossa, ha detto che “c’è un grosso peccato contro l’ecumenismo: il proselitismo; mai si deve fare proselitismo con gli ortodossi, sono fratelli e sorelle nostri, discepoli di Gesù Cristo; (…) mai condannare un fratello o una sorella, mai non salutarla perché è ortodossa”. Poco prima aveva detto “mai litigare, lasciamo che i teologi studino le cose astratte della teologia”; la teologia, materia astratta, detto dal Papa fa un certo effetto. Non è astratta, invece, la Fede, ed il Papa conclude con l’invito a chiedere tutti insieme al Signore la grazia di essere “saldi nella fede”. La Fede, con la Speranza e la Carità, una virtù teologale: si possiede, si perde, si acquista, si rafforza, si professa, si infonde ma non si ama. Semmai si ama Dio ed il Prossimo, in virtù della fede. Si resta quindi interdetti di fronte a questa scritta presente su un muro del centro cittadino: “fede ti amo”. La chiave di lettura, però, va basata su una moda ormai dilagante, quella di ridurre a due sillabe i nomi delle persone (o tre, nel caso di una vocale isolata), anche quando l’abbreviazione abbrevia ben poco. Fede, quindi, non in senso religioso ma più banalmente come riduzione di un nome proprio: Federico o Federica. Quale dei due, non è dato sapere, la riduzione è priva di genere. Come diceva Massimo Troisi nel film “Ricomincio da tre”, meglio chiamarsi Ugo, al massimo Ciro. Ma tanto ci sarà qualcuno che, come anche usa, cambiando la vocale finale, ti chiamerà Ughi o Ciri, come il violinista ed il partigiano folignate. Si salvi chi può.